Del ciclo decorativo: profeti, sibille, re di Giuda, padri della Chiesa, apostoli, evangelisti, santi protettori, sono gli interpreti e come in una sacra rappresentazione teatrale, Antonino Ferraro, li “mette in scena”.
Per otto anni l’artista sarà impegnato a Castelvetrano alla realizzazione del ciclo, in conformità all’incarico ricevuto da Carlo d’Aragona.
Dal 1574 al 1580 prenderà forma nel coro e nel presbiterio di San Domenico attraverso affreschi, statue e rilievi, il mistero dell’umanità redenta ad opera del Figlio di Dio fattosi Uomo.
Tali opere tramite un continuo gioco di reciproci rimandi tra il Vecchio e il Nuovo Testamento, sono funzionali tanto alla traduzione per immagini dei testi biblici, quanto alla proiezione del discorso teologico che arriva a personalizzare ed a privatizzare il mistero della redenzione.
L’uomo, punto di fuga, obiettivo della salvezza divina, diviene a sua volta punto di vista, soggetto ed artefice di un disegno di redenzione umana, centro di una prospettiva infinita di prosperità e di giustizia sociale cui non si pongono limiti di spazio né di tempo.
In questa continua dialettica di reciproci rimandi tra il Dio che si fa Uomo per redimere l’umanità oppressa dal peccato e l’uomo che aspira a farsi Dio per liberare a sua volta il proprio gregge dai cattivi che infestano la virtù e disturbano l’abbondanza del regno, sta il mistero di quest’opera.
I lavori si svolsero in due tempi come attestano le iscrizioni apportate in alcune opere dagli artisti.
Nella prima fase, dal 1574 al 1577, fu realizzata la decorazione del coro, dal ’77 fino al 1580, quella del presbiterio.
L’ambiente di forma quadrata, propone, nella volta, nelle pareti laterali e in quella frontale, un ricchissimo apparato iconografico.